I bambini lo fanno spontaneamente, da subito: piangono, protestano, assillano per ottenere ciò che vogliono, chiedono mille volte perché per conoscere e capire il mondo che li circonda, chiedono se possono fare qualcosa per potersi mettere in gioco e sentire utili e capaci.
Poi si cresce, si impara a diventare autonomi, si deve diventare autonomi e se chiedi una mano puoi iniziare a ricevere dei rifiuti. Non solo, delle squalifiche: “insomma, non posso mica sempre esserci io ad aiutarti, sei grande, devi cavartela da solo”. E così si apprende che crescere, diventare grandi, vuol dire diventare indipendenti ma anche soli. In realtà, autonomia vuol dire sì essere capaci di fare le cose per proprio conto, ma non toglie uno dei bisogni e delle caratteristiche fondamentali dell’essere umano: siamo animali sociali, siamo immersi nelle relazioni, siamo interconnessi. E questo vuol dire che possiamo appoggiarci uno sull’altro, sostenerci, dimostrarci vicinanza, amore, gratitudine. Possiamo chiedere. Quante volte quando un nostro amico o parente è in difficoltà noi diciamo “se hai bisogno sono qua, chiedi!”. Saper chiedere è utile per chi fa la richiesta, perché non ci fa sentire soli, e anche per chi la riceve: ci fa sentire utili, importanti per chi ci chiede la nostra presenza (che sia una mano, un po’ di tempo, un consiglio, un gesto di affetto). "Se lo chiede proprio a me è perché sono importante, ci tiene a me!" Perché allora ci viene così difficile chiedere? Perché siamo stati educati a non avere bisogno dell’altro, perché bisogna essere forti, capaci, integri, perfetti. Se chiedi sei debole, se chiedi mostri le tue fragilità, se chiedi ti metti in balia dell’altro. È vero, mostri le tue fragilità, i tuoi bisogni. È vero, ti metti in balia dell’altro perché gli lasci il potere di decidere se assecondare la tua richiesta oppure no. Ma non è segno di debolezza, bensì di forza e consapevolezza di sé. Se chiedo ti mostro anche chi sono io, ti dimostro la mia direzione, ti mostro i miei bisogni e cioè ti dimostro che so chi sono e che non ho paura a mostrarmi. Dimostro che ho bisogno di te, che voglio stare nella relazione con te. Ed è un grande gesto di coraggio mostrare i propri sentimenti! Cosa ci fa paura del chiedere? Tre cose: 1. che l’altro possa dirci di no! La paura del rifiuto è una delle paure più diffuse per quanto riguarda il nostro mondo sociale: sentirsi dire no non piace neanche ai bambini perché si sentono limitati e non riconosciuti. Figuriamoci da adulti! Ci sentiremmo profondamente feriti, dubiteremmo del nostro valore. Allora meglio prevenire, meglio dirci di no da soli e chiuderci in un vittimismo che ci fa sentire soli e sfiduciati nei confronti degli altri. 2. Che l’altro possa vedere il nostro lato debole e quindi rovinare la nostra immagine sociale: devo essere forte, autonomo, indipendente, praticamente perfetto. Meglio difendermi e non chiedere! 3. Che l’altro non mi conosca veramente e quindi che possa mettere in dubbio la relazione: non chiedo, ma pretendo che l’altro faccia certe cose per me, lo dovrebbe già sapere prima ancora di chiederlo! Ricordatevi: il chiedere è un atto spontaneo, anche il rispondere lo è! Sono libero di chiederti qualcosa e ti lascio la libertà della tua risposta. C’è fiducia, rispetto, gentilezza in questo scambio. Se pretendo, mi lamento, piagnucolo, faccio un capriccio tolgo la libertà, obbligo, divento arrogante, vincolo l’altro. E sicuramente ciò che riceverò sarà un rifiuto, se non alla mia richiesta sicuramente al mio bisogno di riconoscimento.
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AutoreSono Anna Gigliarano, psicologa psicoterapeuta sistemica. Categorie
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