Ogni evento che accade nella nostra quotidianità ci richiede di utilizzare una certa dose di energia per farvi fronte: quando ci svegliamo, lavoriamo, studiamo, parliamo, il nostro cervello si attiva per svolgere quella attività, producendo delle reazioni a livello fisico ed emotivo. I livelli di attivazione possono variare a seconda della situazione. Se dovessimo immaginare la nostra linea di attivazione, essa sarebbe una continua linea ondulata irregolare. Nella quotidianità, le attivazioni rientrano in uno spazio delimitato che Daniel Siegel chiama "finestra di tolleranza" perchè racchiude attivazioni che ci permettono di mantenere uno stato di controllo, che riusciamo a tollerare. Ci sentiamo al sicuro, padroni della situazione, capaci e presenti in quello che stiamo facendo. Quando invece ci accadono degli imprevisti o delle situazioni che ci fanno sentire in pericolo, la nostra attivazione potrebbe uscire da quell'area ottimale e farci andare fuori controllo (graficamente, si vedrebbero dei picchi di onde in su o in giù). In tal caso, possono presentarsi due condizioni: una IPER attivazione, cioè ci sentiamo troppo attivati. Ci sentiamo agitati, ansiosi, nervosi; potremmo iniziare a fare cose senza riuscire a fermarci, proviamo emozioni intense. Come reazione, potremmo essere spesso irritati, sentire il desiderio di isolarci per allontanarci da situazioni troppo stressanti, oppure paralizzarci. La seconda condizione fuori controllo è una IPO attivazione, cioè ci sentiamo troppo poco attivati. In questo caso, diventiamo apatici, stanchi, spenti. Non abbiamo voglia di fare nulla, proviamo tristezza e disperazione, potremmo chiuderci e ritirarci in noi stessi. Iperattivazione e ipoattivazione sono quindi due forme di disregolazione emotiva, cioè situazioni in cui non siamo in grado di gestire le emozioni scatenate. La finestra di tolleranza non è fissa e stabile, ma si può ampliare con l'allenamento, entrando in contatto con le nostre emozioni, imparando a conoscerle, riconoscerle e quindi gestirle in modo più funzionale. Si può, ad esempio, partire dal riconoscimento di quella che attualmente è la nostra finestra di tolleranza, cioè quando e con quali emozioni ci sentiamo sicuri, a nostro agio, padroni della situazione. Partendo da qui, si possono individuare quali sono i segnali che ci stanno facendo avvicinare ai limiti di tale finestra, portandoci su o giù, a partire dalle modificazioni nelle sensazioni corporee (es. respiro, battito del cuore, tensioni, ecc.). Si può quindi risalire alle situazioni che ci scatenano tali sensazioni e alle emozioni che stiamo provando. Nel momento in cui sentiamo che ci stiamo allontanando dalla nostra attivazione ottimale, è fondamentale recuperare il controllo di noi e della situazione, tornando nel qui e ora e in contatto con il nostro corpo. Siegel chiama MASTERY le strategie che aiutano a rientrare nella finestra di tolleranza, ovvero recuperare la sensazione di avere controllo della propria vita e delle proprie emozioni (calmarsi se iperattivati o attivarsi se ipoattivati). Tra le strategie di regolazione emotiva rientrano: - il contatto sociale: poter parlare con qualcuno di ciò che sta accadendo, sfogarsi, confrontarsi e comprendere le nostre emozioni è fondamentale per potersi conoscere meglio e diventare padroni di sè (ad esempio, con la psicoterapia); - le tecniche psico-corporee per tornare nel qui e ora e recuperare il controllo delle sensazioni fisiche; - la consapevolezza delle proprie risorse, interne ed esterne, del passato e del presente, che ci permettono di sentirci capaci di far fronte alle situazioni. Qui di seguito vi riporto alcune tecniche proposte dalla psicoterapeuta Maria Puliatti, terapeuta sensomotoria ed esperta di psicotraumatologia, utili quando sentiamo di sentirci particolarmente agitati o ipotonici, perchè ci aiutano a tornare nel qui e ora e a recuperare senso di padronanza. Vi consiglio anche di guardare il percorso "Sei paia di occhiali per allenare il benessere", in particolare l'allenamento degli occhiali rossi dove si parla di emozioni e degli occhiali gialli dove si parla di risorse. Se vi sentite sopraffatti dalla vostra attivazione e non riuscire a recuperare il controllo delle vostre emozioni e sensazioni, non abbiate timore a confrontarvi con uno specialista per poter capire meglio cosa sta succedendo.
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In un processo di cambiamento, il fallimento è una tappa indispensabile.
Il fallimento ci segnala che non avevamo preso in considerazione qualcosa che ci ha ostacolato nel percorso. Quando falliamo, tutto il pezzo fatto fino a qui fa già parte di noi. Non ha senso (ed è impossibile) ricominciare da capo. Per difenderci ci può capitare di negare, discolparci (dando la colpa all’esterno), diventare aggressivi (la paura e la tristezza spesso si mascherano con la rabbia), mentiamo per apparire migliori. Oppure, ci affossiamo. In questi casi, il nostro giudice interiore è all’azione per sgridarci e mortificarci (a volte, dando voce a ciò che temiamo possano pensare gli altri di noi). Il giudizio e la critica eccessivi non fanno bene a nessuno, non migliorano ma mortificano e indeboliscono. Solo se ci sentiamo capiti, compresi e accettati così come siamo (imperfetti!) allora riusciamo a reagire alle avversità. Ecco una proposta di esercizi che puoi fare per ammorbidire il tuo giudice interiore: 1. Ascolta cosa ti dici, facci caso: quali parole e frasi ricorrenti usi per criticarti, con quale tono, con quale messaggio su di te. Prova a pensare se questa voce interiore ti ricorda qualcuno che in passato ti criticava proprio allo stesso modo (forse allora quella voce è sua e non tua, restituiscigliela!) 2. Parla con il tuo giudice interiore, ringrazialo per la sua presenza ma digli (non gentilezza!) che non ti è utile così. Mostragli in che modo le sue parole possono esserti utili: riformula i suoi giudizi contestualizzandoli e prova a capire cosa puoi fare per migliorare. 3. A volte, ci viene più facile essere più comprensivi con gli altri e meno con noi: prendiamo esempio dal modo in cui trattiamo gli altri. Altre volte, ci scarichiamo meglio se trattiamo male gli altri e desideriamo che gli altri ci comprendano: facciamo agli altri quello che vorremmo ricevere noi. Per saperne di più sul pensiero critico guarda "Un paio di occhiali neri" del progetto "Sei paia di occhiali per allenare il benessere". |
AutoreSono Anna Gigliarano, psicologa psicoterapeuta sistemica. Categorie
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