Secondo la Psicologia Positiva le emozioni piacevoli possono essere utili di fronte alle avversità perché FACILITANO la capacità di RIPRENDERSI. Infatti le emozioni piacevoli hanno effetti sia PREVENTIVI che TERAPEUTICI per il nostro benessere. Esse contribuiscono ad aumentare le nostre RISORSE a lungo termine, AMPLIANDO le potenzialità cognitive, ALLARGANDO le azioni di repertorio e costruendo delle vere e proprie risorse di sopravvivenza. E possono influenzare e MODIFICARE gli effetti negativi delle emozioni spiacevoli, agendo come una sorta di ANTIDOTO in grado di neutralizzarne e lenirne le conseguenze stressanti e ristabilendo livelli di attivazione più MODERATI. Per parlare di felicità, ho pensato di proporvi alcuni spunti presi dal libro "Istruzioni per rendersi infelici" di Paul Watzlawick". Egli sostiene che uno dei passi fondamentali per assicurarsi l’infelicità è la resistenza al cambiamento: come si può fare? 1.Sii fedele a te stesso, sempre e comunque. Cosa significa? Che bisogna credere fortemente che esiste un unico punto di vista valido e che questo sia il nostro. Fai attenzione a non rischiare di cadere nel tranello dei facili consigli, dovrai rifiutare ogni possibile indicazione su come si dovrà vivere, perché se ascoltiamo il parere altrui rischiamo di perdere coerenza (anche se questo può essere nel nostro interesse). Sii fedele anche alle strategie che in un imprecisato passato furono per te efficaci, se sono state utili allora lo dovranno essere anche ora, per forza. E se nel presente non funziona, è ovvio che non è la soluzione a essere sbagliata, sei tu che non ti sei sufficientemente applicato. Non credere all’idea che “Essere maturi significa saper fare ciò che è giusto anche se sono i genitori ad averlo vivamente consigliato” 2.Sii legato al tuo passato. Solo lì sta l’origine dei tuoi problemi e tutto ciò che fai ora è inutile, è troppo tardi. Dovevi pensarci prima, dovevi saperlo allora che ciò che facevi era sbagliato, ora sei solo vittima del tuo sbaglio, ora non puoi fare nient’altro che subire le conseguenze delle tue scelte sbagliate del passato, ora non hai più potere. 3.Evita attivamente ciò che vuoi evitare finché esso non si realizza. Detto in altri termini, la profezia che si autoavvera. Se hai una aspettativa, una preoccupazione, una convinzione o un sospetto che le cose andranno in un certo modo (possibilmente in negativo), se credi che essa sia non solo un’idea ma una realtà incombente, stai pur certo che prima o poi capiterà qualcosa che confermerà questa tua convinzione. Ad esempio, se pensi che gli altri parleranno male di te, e per questo diventi diffidente nei confronti del prossimo, stai pur certo che prima o poi accadrà qualcosa che confermerà questa tua convinzione e che quindi ti darà ragione. Mi raccomando, non dubitare: non sarà il tuo atteggiamento diffidente ad alimentare il comportamento sospettoso degli altri! 4.Scegli delle mete straordinariamente elevate. Arrivare significa raggiungere una meta, è il criterio di misura per il successo, il potere, l’approvazione, il rispetto per se stessi. Se la meta è molto lontana, avrai ancora più successo, potere, approvazione, rispetto per te stesso. E se ci metti tanto a prepararti per il viaggio, perché i preparativi sono complessi e richiedono molto tempo, o se ti perdessi per strada o facessi lunghe soste, nessuno ti può dire niente, nessuno ti potrebbe rimproverare o criticare. E poi, alla fine, Herman Hesse diceva “ogni realtà annienta il sogno”… forse, è meglio non arrivare, perché lo scopo non ancora raggiunto non è più desiderabile (ma questo non confidarlo agli altri). Ora che siamo già a metà strada sulla via dell’infelicità, ci verrà molto più facile non cadere nel rischio di trovare la felicità nella coppia. Se però c’è ancora la speranza che nella coppia ci salveremo, ecco alcune istruzioni per smentire tale speranza: 1.Sii fedele alle tue esperienze passate. Ovvero, se soffri per la fine di una relazione d’amore e hai dei ripensamenti, hai ragione. Perché se la perdita della persona amata ti addolora così tanto, che gioia sarà il ritrovarsi! Non credere a chi ti ricorda che la relazione non andava bene già da tempo e che nel mentre di quella relazione spesse volte ti sei chiesto come uscirne. Non credere che la separazione sia il male minore. Fidati, questa volta un ricominciare da capo porterà sicuramente a un risultato magnifico. E allora stai chiuso in casa, vicino al telefono, in attesa del suo ritorno. E se ciò non accade, cercati un partner identico al precedente. 2.Dubita di chi ti ama. Se trovi qualcuno che dice di amarti, non fidarti. Perché ti ama? Non ti saprebbe rispondere. O se ti risponde, la risposta non sarà mai ciò che potevi immaginarti (quindi era meglio non sapere). Ancor di più se ti ritieni immeritevole di amore, l’amore ricevuto sarà per forza una fregatura perché sicuramente chi ama qualcuno che non merita amore ha qualcosa che non funziona nella sua vita interiore, credimi. 3.Resta fermo dove sei. Se malauguratamente sei riuscito a trovare la persona giusta, mi raccomando fai in modo che nessuno dei due cambi per non scombinare l’equilibrio che avete creato. Ad esempio, se sei la famosa “crocerossina” che cerca nell’altro il partner da salvare, è ovvio che alla fine l’altro dovrà sempre essere bisognoso del tuo aiuto, altrimenti finirebbe il tuo ruolo nella (e la) coppia. E viceversa (perché l’incastro è sempre a doppio senso), se sei convinto di essere debole, avrai per forza bisogno accanto a te di un partner forte. Ma guai a cambiare idea su di te, rischieresti di far saltare la coppia. Ok, siamo arrivati al punto dolente: siamo per forza immersi nelle relazioni (di coppia, tra pari, genitori-figli…). E nelle relazioni diventa più facile che qualcuno ci persuada a andare sulla via della felicità. Non preoccupatevi, ecco dei trucchetti per mettere in crisi le relazioni: 1.Gioca solo a somma zero. Se uno vince, l’altro perde. Non ci sono giochi a somma diversa da zero. Se la vincita è avere ragione, la perdita è l’errore dell’altro. Non ci sono alternative, non è possibile che si possa vincere insieme, devi battere il partner per non essere battuto. 2.Convinciti che è sempre colpa sua. Parti da un problema (es. “mi serve un martello e lo devo chiedere al vicino”), fatti venire un dubbio circa la possibilità di ottenere l’aiuto (“e se non me lo vuole dare?”) fai una serie di riflessioni in cui man mano l’altro assume un ruolo sempre più decisivo e negativo (“il vicino ieri non mi ha salutato, ce l’aveva con me, io il favore lo farei, lui no, gente come lui rovina l’esistenza agli altri, poi magari pensa che avrò bisogno di lui”) e solo alla fine includi l’altro inconsapevole, accusandolo (vado dal vicino e gli dico “tienitelo tu il martello”). Non è poi così difficile questo esercizio, vero? A quanti di noi non è già capitato almeno una volta? Con un partner, con un amico, con il datore di lavoro, ma anche con ostili potenze superiori. Pensa, basta un dubbio e dopo una catena immaginaria di pensieri l’altro diventerà il responsabile di tutti i tuoi mali. 3.Sii chiaroveggente sui pensieri o le emozioni dell’altro e insinua il dubbio. Si tratta di un particolare modo di fare domande all’altro che lo mettono in scacco matto. Degli esempi: “perché sei arrabbiato con me?” questa domanda sottintende che l’altro sia arrabbiato anche se non lo è, come se chi lo dice conoscesse meglio ciò che prova o che pensa. Stai pur certo che a questo punto l’altro anche una minima rabbia inizia a provarla e così la risposta “non sono affatto arrabbiato” suonerà sicuramente falsa. E tu hai vinto. Fai dei rimproveri forti ma vaghi e quando il partner ti chiede di spiegare meglio rispondi: “se tu non fossi la persona che sei, non avresti neanche il bisogno di chiedermelo. Il fatto che tu non sappia neanche di cosa stia parlando dimostra che tipo tu sei”. Scacco matto. Dai al partner due alternative, quando ne sceglierà una accusalo di non aver scelto l’altra: “ti ho comprato due magliette. Quale metti? Ah, quindi l’altra non ti piace?” ed ecco che la manipolazione è in atto. Chiedi una rassicurazione e mettila subito in dubbio con una rassicurazione maggiore: “mi ami? Sì! Veramente? Sì! Veramente? Sì… ma veramente veramente?” 4.Obbliga alla spontaneità. Ovvero proponi all’altro un paradosso (tipo “non pensare al cavallo bianco di Napoleone”) e stai pur certo che l’altro non ti accontenterà mai. Questo punto va benissimo nelle relazioni genitori-figli, due esempi: “Devi fare i compiti volentieri!” ovvero, il tuo dovere deve farti piacere, e se non ci riesci ci deve essere qualcosa che non va, nel mondo o in se stessi. Ma siccome più si è piccoli meno si mette in discussione il mondo, la conclusione sarà che sono io che ho qualcosa che non va e che quindi è colpa mia. “Vai in camera tua finchè non ti sarà tornato il buonumore” ed ecco che, con un po’ di buona volontà, il figlio riuscirà a tornare allegro. Non ci riesce? Allora è colpa sua. E anche se si sente in colpa è colpa sua, perché non è una persona migliore o perché non ha ascoltato il genitore (o non è stato riconoscente di tutto ciò che i genitori fanno per lui). Paul Watzlawick afferma: “Cosa saremmo senza la nostra infelicità? Essa ci è dolorosamente necessaria”. Ma se tutte queste strategie ancora non vi hanno convinto, allora forse ha ragione Dostoevskij: “L’uomo è infelice perché non sa di essere felice. Chi lo comprende, sarà subito felice”. Ho scelto, come parola chiave legata all'emozione della gioia, la parola CONDIVISIONE, perchè le emozioni piacevoli, a differenza di quelle spiacevoli, ci spingono all'apertura e a essere più disponibili verso l'altro. La condivisione è la possibilità di creare uno scambio consapevole e costruttivo di risorse comuni o parti di sè. Parte dalla STIMA reciproca e dalla fiducia che si nutre nei confronti dell'altro. Richiede APERTURA nei confronti dell'altro, che porta all'ascolto e alla collaborazione. Permette di essere in CONNESSIONE con gli altri e non sentirsi soli. A proposito di felicità, vi consiglio un libro e un cortometraggio.
Il libro "Il venditore di felicità" parla di un paradosso: è possibile vendere la felicità? Un po' come dicevamo prima, è possibile costringere a provare una emozione? Che poi, alla fine, ciò che ci rende felici è vendibile? Il cortometraggio "Alike" è un invito ad impegnarsi a mantenere viva dentro di noi la nostra parte vitale, per non permettere ai doveri della vita di "scolorirci". Lo trovate qui: https://www.youtube.com/watch?v=PDHIyrfMl_U
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AutoreSono Anna Gigliarano, psicologa psicoterapeuta sistemica. Categorie
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